Che cos’è?
EMDR è l’acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing o desensibilizzazione e rielaborazione attraverso movimenti oculari.
Fu quasi per caso che, nel 1987, Francine Shapiro, psicologa americana, mentre passeggiava in un parco, si accorse che, se i suoi occhi si muovevano avanti e indietro in direzione diagonale – cosa che realmente faceva per seguire i fusti degli alberi che la circondavano –, i pensieri che la preoccupavano diventavano meno angoscianti, meno carichi cioè dal punto di vista emotivo. In questo modo si era resa conto che i pensieri disturbanti avevano un determinato “ciclo”, continuavano a manifestarsi coscientemente fino a quando uno cercava di fare qualcosa per bloccarli o per modificarli; al contrario, attraverso degli stimoli fisici, era possibile desensibilizzare il materiale disturbante.
La desensibilizzazione è una tecnica di decondizionamento. Se ad esempio una persona è abituata a reagire con la paura in presenza di un cane, attraverso questo metodo può imparare a ridurre l’attivazione associata alla vista dell’animale. Si basa sul principio, elaborato da Wolpe negli anni Sessanta, dell'inibizione reciproca: in presenza di stimoli ansiogeni, una risposta antagonista, tale da ridurre la risposta ansiogena, induce un indebolimento del legame tra gli stimoli stessi e la risposta ansiogena. Tipicamente, la risposta antagonista più impiegata per fronteggiare l'ansia è il rilassamento.
Come funziona?
L’EMDR è un approccio terapeutico integrato che, attraverso la stimolazione bilaterale (movimenti oculari, tamburellamenti, suoni), permette un’elaborazione più adattiva dell’informazione a contenuto emotivamente pregnante. Lo studio psicofisiologico dei movimenti saccadici oculari o di altre stimolazioni alternate destra/sinistra (tattili o uditive) ha dimostrato che l’elaborazione cognitiva dell’informazione traumatica “incistata”, immagazzinata cioè in memoria in un certo modo e apparentemente inaccessibile, è subordinata all’attivazione di stimoli neurologici. Grazie alla sollecitazione fisica, infatti, è possibile ridurre il disagio emotivo rispetto a determinati ricordi, permettendo una ristrutturazione cognitiva delle credenze solitamente associate a un evento anche fortemente negativo.